Proprietà farmacie, tra incompatibilità e giurisprudenza ecco la situazione e le ricadute

Diverse sono state le Sentenze e le prese di posizione sul tema, in particolare nell’arco del 2020. Vale la pena fare una carrellata per delineare lo scenario di riferimento e gli eventuali temi rimasti aperti

La Sentenza del Tar delle Marche sulla cessione della farmacia comunale di Ascoli Piceno a una società nella cui compagine, come socio unico, è riconducibile una casa di cura del capoluogo marchigiano ha riportato in auge la questione delle incompatibilità e, in particolare, di quella con la professione medica. Diverse sono state le Sentenze e le prese di posizione sul tema, in particolare nell’arco del 2020. Vale la pena fare una carrellata per delineare lo scenario di riferimento e gli eventuali temi rimasti aperti. Ne abbiamo parlato con Paolo Leopardi, avvocato dell’omonimo studio a Roma.

Incompatibilità: distinzione tra soci gestori e di capitale

Sull’impianto relativo alle incompatibilità, che si è venuto a determinare dopo la Legge Concorrenza, a «fare da spartiacque nelle interpretazioni giurisprudenziali» ha spiegato Leopardi «è stata di fatto la Sentenza della Corte Costituzionale n. 11 del 5 febbraio 2020 che ha affermato la distinzione tra soci gestori di farmacie e soci di mero capitale, che abbiano come unico interesse quello dell’investimento e non siano in alcun modo coinvolti nella gestione della farmacia o della società. Questa differenziazione ha chiarito la situazione relativa a incompatibilità di chi per esempio ha in essere un altro rapporto di lavoro, pubblico o privato che sia. E in effetti, poco dopo, il Tar Toscana, con Sentenza n. 233 del 20 febbraio 2020, ha dato seguito alle indicazioni».

A tale decisione «si è aggiunta poi la Sentenza del Consiglio di Stato n. 4634 del 20 luglio 2020, che se, da un lato, ha ribadito l’impianto affermato dalla Corte Costituzionale, dall’altro, però, ha chiarito che non si applica alle società di gestione di farmacie costituite a seguito del Concorso straordinario, nel cui ambito i vincitori in forma associata, per tre anni, sono equiparati al gestore della farmacia, con la conseguenza che per loro restano valide tutte le condizioni di incompatibilità».

Ma c’è un’osservazione da fare: «Le pronunce in questione valgono sulle vicende su cui sono intervenute, ma non c’è un recepimento dalle Amministrazioni o dalle Regioni come atto di legge. L’adeguamento a tali indicazioni dipende, quindi, dalle singole Autorità di competenza. Una situazione, questa, che, come in altri ambiti, rischia di generare disomogeneità sul territorio ed eventuale contenzioso a livello locale».

Il sistema delle scatole cinesi ha ancora senso?

A parte tale criticità, va detto che il combinato di tali sentenze «di fatto, fa cadere quella che è stata, fino a quel momento, una modalità utilizzata per superare, in qualche modo, il sistema di incompatibilità: la costituzione di un soggetto societario intermedio che fosse titolare della farmacia, cioè il cosiddetto sistema delle scatole cinesi». In questo quadro, rientra proprio la Sentenza del Tar Marche (n. 106/2021 pubblicata l’8 febbraio 2021). La vicenda, immediatamente segnalata dall’Ordine provinciale dei farmacisti di Ascoli Piceno e Fermo, come si ricorderà, nasce da un ricorso di Fofi e Federfarma ed è relativa a una Farmacia comunale di Ascoli Piceno ceduta dal Comune a una Srl in cui Socio unico è la società titolare di una clinica privata locale.

«La Sentenza» continua Leopardi «si colloca all’interno della discussione sulla incompatibilità con la professione medica e, di fatto, dà esito giuridico al parere del Consiglio di Stato n. 69 del 2018». Come si ricorderà, «a seguito di alcuni quesiti posti dal Ministero della Salute, il Consiglio di Stato aveva confermato l’incompatibilità tra la professione medica e il ruolo di socio di farmacia». Nel dettaglio, la vicenda che è stata esaminata dal Tar Marche è «un caso tutto sommato chiaro nei contorni, anche perché la casa di cura partecipa la società titolare della farmacia al 100%, con un ruolo, gioco forza, diretto anche alla gestione della stessa».

I nodi aperti e la ratio dell’autonomia tra prescrizione e dispensazione

Tutti i nodi sono stati sciolti? «Proprio per questo aspetto, nell’ambito della sentenza non c’è stata una esplicita presa di posizione relativa a un ulteriore tema e, cioè, se anche nel caso di incompatibilità con la professione medica possa valere la distinzione tra socio di capitale e socio gestorio. Va detto comunque che nella Sentenza è stato sottolineato come “la ratio della disciplina delle incompatibilità che riguardano la titolarità della farmacia e i rapporti con altre professioni sanitarie risiede nella necessità di garantire al massimo l’indipendenza e l’autonomia dell’attività di dispensazione dei farmaci, soprattutto rispetto all’attività di prescrizione degli stessi, evitando così possibili conflitti di interessi. La giurisprudenza, anche comunitaria, ha chiarito in più occasioni che il servizio farmaceutico è un servizio pubblico che ha come principale scopo quello di garantire ai cittadini un accesso ai farmaci sicuro e di qualità, in tal senso esso rientra nell’obiettivo più generale di tutela della salute pubblica (Corte Costituzionale, sentenza n. 216 del 18 luglio 2014), tanto da essere pacificamente collocato all’interno del Servizio sanitario nazionale (Corte Costituzionale, sentenza n. 87 del 10 ottobre 2006)».

Fonte: Farmacista33

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