In Italia si può risparmiare 1 miliardo di euro l’anno semplicemente distribuendo i farmaci acquistati da ospedali e Asl attraverso la distribuzione diretta, evitando cioè il canale delle farmacie private, vale a dire la distribuzione per conto. A dirlo è un servizio della trasmissione di Mediaset Le Iene che con una ricostruzione ad hoc fatta di infografiche e interviste a pazienti e rappresentanti delle Regioni mostra al telespettatore i possibili risparmi, che ci sarebbero evitando la Dpc, ma anche vantaggi e svantaggi per il cittadino. Ma il messaggio della giornalista Nadia Toffa è chiaro fin da subito: «Se in Italia usassimo tutti la Diretta si risparmierebbe 1 miliardo di euro perché passare dalle farmacie private ha un costo aggiuntivo». E i costi della Dpc li fa dire a Mara Saglietto, ex dirigente del servizio farmaceutico della Asl di Imperia: «In Liguria costa 6,71 euro a confezione, ma i costi variano da regione a regione da un minimo di 4,5 euro a confezione ma possono arrivare fino a 100 euro come il Lazio dove il costo viene valutato in base al prezzo del farmaco. Ogni Regione ha i propri oneri di distribuzione ma la farmacia non anticipa nulla perché il farmaco è del Ssn. È la Asl che acquista tutto». Quindi, conclude la giornalista, «nessun rischio d’impresa per le farmacie che fanno solo da tramite». E i costi della Diretta? «2,28 euro nel 2015 e nel 2016 siamo andati a 2 euro al pezzo» afferma la ex dirigente ligure e aggiunge: «Se tutte le Regioni facessero la diretta ci sarebbe un risparmio di circa 1 miliardo l’anno».
Immediata la risposta di Federfarma che, una volta saputo che nella puntata della sera sarebbe andato in onda il servizio «fazioso e parziale che dà conto delle posizioni di una sola campana», ha inviato una lettera alla redazione di Le Iene. La diretta, afferma il sindacato «comporta oneri occulti che annullano i presunti risparmi» e aggiunge che si continua a voler dimostrare la convenienza «mettendo impropriamente a confronto il prezzo medio al quale le aziende sanitarie comprano con il compenso medio riconosciuto alle farmacie per la Dpc, senza ricaricare sul primo i costi diretti e indiretti come magazzino, logistica, personale». Senza contare, puntualizza la presidente nazionale Annarosa Racca «checosta agli assistiti tempo e denaro per raggiungere gli sportelli di dispensazione dell’Asl, spesso aperti solo poche ore a settimana».
Racca risponde poi nel merito sull’esperienza dell’Asl di Imperia: «C’è un raffronto tra costi della diretta e della Dpc che non ha alcuna legittimità metodologica. Un recente studio realizzato dal centro di ricerca Antares per Assofarm stima che il costo di una confezione erogata direttamente nelle strutture pubbliche della Regione Emilia Romagna ammonta mediamente a 4 euro a confezione, più altri tre euro che l’assistito paga per recarsi nei punti di dispensazione». E alla giornalista che afferma che nessuno si è posto il problema Racca risponde che «per confrontare i costi della distribuzione diretta e di quella per conto è attivo il Tavolo sulla Farmaceutica, convocato dai ministeri dello Sviluppo economico e della Salute, che dovrà stilare un documento condiviso dai partecipanti. L’obiettivo è individuare un modello di distribuzione dei farmaci che sia equo, compatibile con le risorse disponibili e che permetta ai cittadini di accedere al farmaco con le stesse modalità sull’intero territorio nazionale». Non c’è altrettanta trasparenza, invece, «sui consumi e sulla spesa dei farmaci erogati nelle strutture pubbliche».
Ma non si è fatta attendere la risposta da parte di tutta la categoria, rappresentata da Federfarma, Fofi, Assofarm e Sifo, che uniti in una nota congiunta hanno «ritenuto indispensabile fare alcune precisazioni».
Oltre alla questione dei costi e del Tavolo di lavoro sulla farmaceutica, già chiarita dalla lettera di Federfarma, la categoria corregge Le Iene sulla definizione di farmaco come “una scatola” e delle farmacie “come un corriere” nel caso della distribuzione per conto.
«Dimenticare la radicale differenza tra i beni di consumo e i farmaci significa porsi al di fuori di qualsiasi logica sanitaria e di tutela della salute. Questa linea di pensiero apre la strada all’affidamento dei medicinali a personale non qualificato che non è in grado di svolgere quelle prestazioni che salvaguardano la sicurezza del paziente: dalla verifica della prescrizione al controllo dell’integrità del medicinale, per non parlare delle ulteriori prestazioni a supporto dell’aderenza alla terapia e di farmacovigilanza previste anche nei nuovi Livelli essenziali di assistenza. Le immagini dei vaccini trasportati al caldo sul sedile del passeggero da parte di alcuni corrieri, diffuse anch’esse in televisione, dovrebbero far riflettere. Sicuramente l’opera di un fattorino, con tutto il dovuto rispetto, può “costare” meno di quella di un farmacista, ma speriamo che nessuno possa considerarle sovrapponibili ai fini della tutela della salute dei cittadini».
La nota inoltre, si sofferma sul problema degli sprechi, precisando che al paziente cronico viene fornita una quantità di farmaci sufficiente a diversi mesi di trattamento: «Questa pratica può determinare sprechi, nel caso che nel frattempo il medico decida di cambiare terapia, e allunga spesso eccessivamente l’intervallo tra un contatto e l’altro tra il paziente e i professionisti della salute che l’hanno in carico, con tutte le conseguenze del caso. Sembra si ignori la frequenza con cui il paziente si rivolge al farmacista perché sono sorti dei dubbi sull’uso del farmaco, o perché è intervenuta qualche circostanza che lo preoccupa, dalla dose dimenticata a qualche effetto inaspettato. Dovrebbe chiamare l’Asl? Prendere l’auto e recarsi in ospedale?».
Altre imprecisioni: «Le farmacie comunali non dipendono dalle Asl, come detto nel servizio, ma dal Comune e nulla hanno a che fare con la distribuzione diretta. La spesa farmaceutica italiana, peraltro allineata a quella degli altri paesi europei, non cresce per chissà quale gestione irrazionale della distribuzione, ma per l’impatto delle malattie croniche e per l’arrivo dei medicinali innovativi».
Infine, conclude la nota, l’uso esclusivo della diretta «comporterebbe la disgregazione dell’attuale rete delle farmacie di comunità. Una rete di presidi sanitari, ai quali si può accedere in qualsiasi momento, sicuri di trovare un professionista della salute preparato e competente al servizio del cittadino. A proposito di spese e risparmi, il Paese può permettersi questa desertificazione del territorio?».
Spesa farmaceutica e accesso al farmaco, concludono le sigle, sono temi che «non ammettono semplificazioni, particolarmente utili per fare un titolo a effetto ma inutili a migliorare l’assistenza ai cittadini e i conti dello Stato».
Fonte: Farmacista33