Da Mandelli monito a non proseguire su liberalizzazione. Da rivedere anche la Diretta

Tra diretta, carenza di farmaci, sfondamento della spesa ospedaliera, la distribuzione del farmaco richiederebbe un riassetto, ma volto a rimediare ai guasti della stagione delle liberalizzazioni, non certo a proseguire su questa strada. Qualsiasi altra liberalizzazione, si tratti dei farmaci di Fascia C soggetti a prescrizione o della farmacia non convenzionata, si tradurrebbe in un immediato beneficio per i capitali, non per i professionisti. È questo uno dei messaggi lanciati da Andrea Mandelli, presidente della Fofi, durante la relazione annuale al Consiglio nazionale della Federazione, che si tenuto a ridosso dell’apertura di FarmacistaPiù, in corso a Roma. «È chiaro a tutti» sono le sue parole «che la Legge 405, nel 2006 l’arrivo delle lenzuolate del ministro Bersani e altri successivi interventi apparentemente minori, come la liberalizzazione degli orari e il Concorso straordinario voluto dal Governo Monti, hanno reso zoppicante il servizio farmaceutico. E questo eÌ avvenuto nel momento in cui il calo dei prezzi dei medicinali, l’ostinato rifiuto di applicare il nuovo sistema di remunerazione a prestazione, pure licenziato dal Tavolo coordinato dall’AIFA nel 2012, e l’arrivo della crisi finanziaria già minavano la stabilitaÌ economica della rete delle farmacie di comunità.

Ancora oggi, a 17 anni dall’istituzione della distribuzione diretta, non si eÌ ancora in grado di stabilire dati alla mano se e quanto questa modalità abbia consentito risparmi reali, anche per l’applicazione differenziata tra una Regione e l’altra, mentre eÌ certo che ha complicato la vita dei pazienti ed escluso il farmacista di comunità dal circuito dell’innovazione farmacologica. Ma non soltanto, visto che in alcune realtà anche i generici sono stati inclusi nella distribuzione diretta, malgrado la stessa Assogenerici – ormai quasi due anni fa – avesse sottolineato l’irrazionalità della misura, visto che con questa modalità il farmaco non branded viene a costare di più. Osservo che malgrado la ridefinizione dei tetti operata dal precedente Governo, con la separazione tra acquisti diretti e distribuzione convenzionale, quella che un tempo chiamavamo spesa ospedaliera continua a sforare i tetti, ad aprile 2018 di oltre 780 milioni, al netto dei fondi per gli innovativi oncologi e non oncologici. Tra i guasti delle liberalizzazioni possiamo anche citare i casi sempre più frequenti di carenze di questo o quel farmaco cui non eÌ estraneo il fatto di aver concesso ai titolari di farmacia la possibilità di operare come grossisti. Una conferma, questa, del prezzo inferiore dei farmaci in Italia rispetto a buona parte dei paesi europei, tanto che in Germania le Casse malattia sfruttano questa circostanza per ridurre la loro spesa farmaceutica, visto che i farmacisti sono tenuti ad avere a magazzino il 7% di farmaci di importazione parallela»

. Poi c’è «l’unicum» dell’Italia «a livello europeo, cioè la creazione di esercizi commerciali in cui eÌ presente un farmacista, nei quali eÌ possibile vendere medicinali SOP e OTC e farmaci veterinari e allestire preparazioni galeniche. Non da oggi gli esercizi di vicinato, le parafarmacie rette da farmacisti, sono in crisi; reggono quelle di proprietà di gruppi e, soprattutto, i corner della grande distribuzione. Questi corner, sono circa 400, possono vantare un fatturato pari a quello totale delle 4000 parafarmacie. Fin dall’inizio avevamo detto con estrema chiarezza che questo della parafarmacia non era un modello sostenibile e i fatti ci hanno dato purtroppo ragione, cosiÌ come avevamo detto che l’apertura alla GDO costituiva un precedente pericolosissimo che, in un certo senso, eÌ stato perfezionato dalla Legge sulla Concorrenza».

Fonte: Farmacista33

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