Farmacisti-grossisti, il Consiglio di Stato chiarisce la questione del codice univoco

Confermando una sentenza del Tar, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla vicenda di un titolare di farmacia che era in possesso anche di una autorizzazione per la vendita all’ingrosso dei farmaci, che non avrebbe potuto in nessun caso utilizzare i farmaci acquistati come farmacia per l’attività di grossista.

Come ricorda anche una circolare Federfarma, la sentenza ribadisce che le attività di vendita al dettaglio e di vendita all’ingrosso vengono svolte con codici differenti e questo dipende dalla necessità di assicurare la tracciabilità dei farmaci, di evitare fenomeni distorsivi della concorrenza e la vendita su mercati paralleli. In nessun caso quindi il deposito può approvvigionarsi di medicinali dalla farmacia e l’unico movimento previsto dalla farmacia al grossista è la restituzione, a fronte di errori di fornitura o rientri dal cliente.

La “differenza dei codici inerenti all’attività di grossista e di farmacista venditore al dettaglio” fa parte di quegli “accorgimenti operativi tesi a garantire la trasparenza e la tracciabilità delle operazioni, senza che ad essi possa essere ricondotta una finalità di limitazione o divieto dell’attività di commercializzazione”. I “codici differenti” cioè “consentono il flusso di dati presso la Banca dato della tracciabilità del farmaco, tesa a garantire l’autenticità dei medicinali in commercio in Italia ed a rafforzare il contrasto alle frodi”.

A nulla è valsa la difesa del farmacista che fra le motivazioni aveva addotto anche una difficoltà di approvvigionamento di farmaci dovuto ai comportamenti anticoncorrenziali di altri grossisti. Il secondo motivo d’appello, riguarda le note della Asl che, ad avviso della farmacia ricorrente si risolverebbero in un divieto di esercizio dell’attività di grossista disposto in violazione delle norme vigenti.

Fonte: Federfarma.it

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