Walgreen Boots Alliance, Ornella Barra espone i progetti di investimento del gruppo sul territorio italiano
Non sono molte le uscite pubbliche in cui il gruppo Walgreens Boots Alliance si presenta e ieri lo ha fatto nella sede della Borsa Italiana, a Milano, alla presenza di personaggi di rilievo – oltre al sindaco di Milano, Beppe Sala, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, l’amministratore delegato della Borsa italiana Raffaele Jerusalmi, l’ex presidenti del Consiglio Mario Monti e l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il Console Generale degli Stati Uniti a Milano Elizabeth Martinez.
Milano, forse, non a caso: non solo perché il primo test è partito da qui – il gruppo conta per ora su quattro farmacie – ma anche perché l’attenzione è soprattutto, almeno in questa fase iniziale, a questa area: «Al momento» ha spiegato Ornella Barra, co-chief operating officer di Walgreens Boots Alliance, «abbiamo quattro farmacie, tra cui anche quella centrale e storica Carlo Erba, e l’idea, durante l’anno, è di estendere il brand a diverse altre farmacie, non solo su Milano, ma prevalentemente su Milano».
Non è facile cogliere informazioni dettagliate su come il gruppo intenderà muoversi o sul modello che prenderà piede. «Il gruppo ha sede negli Stati Uniti» continua «e conta su 10mila farmacie. Boots, uno dei nostri marchi, è per noi catena di farmacie leader in Europa, con 2800 farmacie, tra Regno Unito, Olanda e Norvegia. Il nostro è un modello che combina farmacia, salute e bellezza» e la «nostra strategia è di studiare prima un modello» per «adattarlo alle logiche del consumatore».
Per quanto riguarda Boots «in UK conta su 2.500 farmacie – sono 12mila in tutto, di cui 6mila farmacie che sono rimaste indipendenti. In un anno, abbiamo visto un milione di transizioni e 250 milioni di prescrizioni».Boots «ha uno dei programmi di fedeltà più diffusi, con circa 15 milioni di membri attivi su una popolazione di circa 66milioni» e un elemento importante è «l’accessibilità», anche come prezzo e i «servizi».
«Da farmacista, ritengo che le farmacie italiane siano tra le meglio attrezzate e più capillari in Europa. È un patrimonio che i farmacisti titolari devono difendere adeguandolo ai tempi, affrontando le sfide in modo proattivo senza aspettare il cambiamento. Bisogna investire e far evolvere il ruolo della farmacia, ricordando che anche le farmacie del centro città, e non solo le rurali, sono a rischio finanziario. Aprirsi a investitori esteri non significa depauperare il sistema Paese. Confido nella capacità politica di saper cogliere l’opportunità di attrarre capitali anche dall’estero per rilanciare l’Italia. Oggi per il Paese è fondamentale promuovere il “Made in Italy”, ma mi permetto di aggiungere che è necessario promuovere anche il “Made with Italy”».
Ci «proponiamo di creare una piattaforma globale da cui possano trarre beneficio gli attori della filiera del farmaco, dell’universo della farmacia, con al centro l’attenzione per il paziente- consumatore».
Tra gli interventi anche quello di Claudio Jommi, docente alla SDA della Bocconi, che, tra gli altri aspetti, ha fatto un excursus sulle liberalizzazioni che hanno investito il settore delle farmacie in Europa, mettendo l’accento sul fatto che «l’Italia, rispetto ad altri Paesi Continentali e Mediterranei, più regolamentati, come Austria, Danimarca, Finlandia, Francia e Spagna, ha avuto un processo più spinto, pur mantenendo una regolamentazione quanto alla distribuzione sul territorio delle farmacie. In questo modo, si colloca a metà tra i due poli dei Paesi più regolamentati e quelli più liberalizzati come UK, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia».
FONTE: Farmacista33